Da trentenne suonato, sono felice di aver assistito all’evoluzione di Disney. Il grande rinascimento a cavallo degli anni ’90, con le storie di Tarzan, La Bella e la Bestia, Mulan, Hercules. Poi l’esplosione di Toy Story, i grandi successi al botteghino di Pixar con Alla Ricerca di Nemo, gli Incredibili, UP. Sono storie che mi hanno formato, anche se con il tempo e i primi capelli bianchi sono diventato un nostalgico del disegno 2D (dai, volete mettere l’atmosfera di Taron e la Pentola Magica??). Ma la storia va avanti e, con l’alternarsi delle generazioni, anche i gusti del pubblico cambiano. E con loro le storie.
Ormai, gli iconici cattivi Disney sono sostituiti da antagonisti invisibili. Bye Bye, Frollo: meglio i tumulti dell’adolescenza; Addio, Clayton: adesso abbiamo la vecchiaia. Meno epicità, insomma, per pescare a piene mani da quelle situazioni di vita vissuta che tutti noi condividiamo. Le storie che ne risultano sono più delicate, intime. Disney-Pixar ha scelto di colorare i propri film di maturità, slegandosi dagli stereotipi e da strutture altrimenti troppo rigide e strette (Vladimir Propp perdonali, perché non sanno quello che scrivono.)
Red si inserisce in questo solco e, come per Inside Out (2015), ci porta nella tormentata vita di un’adolescente che vive i primi cambiamenti ormonali, con tutti i pro e i contro, peli compresi.
Una bambina perfetta, pure troppo
Per la regia di Domee Shi, Red è l’ultima fatica targata Disney-Pixar. Si tratta di una fiaba moderna che ruota attorno al senso di insicurezza di una ragazzina che si trova, di colpo, a vivere i cambiamenti dell’adolescenza. Di origine cinese, Mei Lee vive a Toronto e insieme a mamma e papà gestisce il tempio di famiglia, uno dei più antichi della zona. Mei Lee si divide tra casa, scuola e tempio, facendo i salti mortali per assomigliare allo stereotipo che sua madre si è fatta di lei.
Mei Lee non la deluderebbe mai e fa di tutto per essere una ragazzina modello. Ma ci mettono lo zampino gli Antenati della ragazzina che, manco a dirlo, condividono un segreto: tutte le donne del “clan” sono destinate infatti a trasformarsi in Panda Rosso quando crescono. Uno spirito “punk” che non ama stare al proprio posto e che si guadagna la libertà a morsi, se necessario. Meglio rinchiuderlo dentro un medaglione e fare finta che non sia mai esistito. O forse no?
Una grossa e rossa metafora
Chi sta leggendo questa recensione l’ha forse già capito. Il gigantesco, morbidoso, ribelle Panda Rosso che dà il titolo al film non è “solo” la versione cinese del Lupo Mannaro. È il simbolo del grande cambiamento che gli adolescenti devono affrontare quando salutano per sempre la loro parte più infantile, tuffandosi in quel gran casino che è la pubertà, tra feste proibite, gelosie, cottarelle, concerti di boy band allupanti e strani cambiamenti nel proprio corpo.
Non solo: il buffo Panda Rosso è una metafora neanche troppo camuffata delle mestruazioni, il grande spartiacque nella vita di una donna. Pixar si dimostra coraggiosa e non teme di dire le cose come stanno. Per la prima volta in un film d’animazione vediamo gli assorbenti fare capolino in più scene. Così come vediamo le ragazzine eccitarsi davanti alla foto dei loro beniamini. Rivoluzione? Forse no, ma è un grande passo avanti verso un’animazione sempre più aperta, inclusiva e meno bacchettona.

Insomma, Red ha il grande merito di rompere molti tabù. Le difficoltà di dialogo tra madre e figlia, tema centrale e cuore di tutto il film, viene sviscerato bene grazie anche alle simpaticissime comprimarie della protagonista, le sue amiche Miriam, Priya e Abby (tutte ben caratterizzate). La trama è semplice e lineare, ma troppo spesso ci chiede di scendere a patti con la sospensione dell’incredulità, quando tutti sembrano accettare in pochi secondi che una bambina riesca a trasformarsi in un panda alto due metri.
A convincere di più è come sempre l’ottimo livello dell’animazione e il character design che ci fa chiudere un occhio sui piccoli difetti del film, come un finale un po’ affrettato e un ritmo molto veloce che potrebbe far storcere il naso a chi ha un po’ più di anni sul groppone. Per il resto, Red sa difendersi bene e non capisco le critiche di chi lo ha accusato di essere uno dei più noiosi film Pixar. Red merita una visione? Assolutamente sì, soprattutto perché aiuterà sia gli adolescenti che i genitori a seppellire l’ascia di guerra per accettarsi, anche se diversi.
In conclusione
RED non sarà il film più bello di Pixar, ma di sicuro è quello che osa di più. Citare apertamente il ciclo mestruale, gli assorbenti e l’eccitazione sessuale in un cartone per bambini è senza dubbio un passo avanti importante per la casa di produzione di Alameda. L’animazione Made in USA aggiunge un’altra tacca alla sua evoluzione, sempre meno epica ma più attuale, quotidiana.
Non aspettatevi le grandi storie di una volta. Qui non ci sono supercattivi, ma problemi di ogni giorno. Per i più giovani, questa formula funzione e piace. Per chi prova un po’ di malinconia, beh potrà rintanarsi nelle grandi storie del passato: per fortuna, le trovate tutte su Disney+.
Il mio Nu(vo)loto

Rispondi