Una giovane donna sta in piedi, nuda, in una stanza ricolma di una luce rossastra. Sulla sua pelle perfetta si riflettono fiamme che sembrano scaturire direttamente dall’inferno. Ma dov’è il diavolo? Nelle sue curve o negli occhi di chi guarda?
Il Sabba (2020) girato da Pablo Agüero e prodotto da Netflix, è uno dei migliori film indipendenti che possiate scovare tra le tante mezze-schifezze propinate dal colosso di streaming on demand.
Definirlo Horror sarebbe riduttivo. Il Sabba è un dramma storico dalle tinte forti, capace di utilizzare il genere per raccontare l’eterna lotta tra la donna e un regime patriarcale che vorrebbe soffocare la sua libertà nelle fiamme di un rogo.
1600. Paesi Baschi. Mentre gli uomini sono partiti per il mare, cinque ragazze vengono rapite da alcuni soldati e rinchiuse in prigione, pronte per essere torturate e interrogate. A ordinare il loro arresto, con l’accusa di stregoneria, è l’Inquisitore Rostegui, inviato in quelle terre per purificarle. I paesi baschi sono infatti ritenuti un luogo selvaggio e malvagio, legato ad antichi riti pagani mai dimenticati. Le ragazze, innocenti, verranno accusate per motivi futili, come un’innocua passeggiata nel bosco durante la notte. Ana, Olaia, Marìa, Maider e Katalin dovranno escogitare un modo per prendere tempo, nella speranza che padri e fratelli riescano ritornare con la luna nuova per salvarle da morte certa.
In una versione rivista delle Mille e una Notte – anche lì il racconto era l’astuto tranello di una donna per salvarsi – Ana diventa “la strega suprema” della Congrega e organizza un Sabba vero e proprio con la complicità di tutte. Un rito proibito a cui gli uomini non hanno mai partecipato e che per Rostegui è un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Sotto gli occhi languidi del Potere (quello maschile, patriarcale), il racconto diventa realtà. Un ballo innocente si trasforma in una danza mortale, un gioco perverso dove la vergine diventa megera e il Santo diventa il diavolo. È la magia del Sabba.

Al rogo l’emancipazione
Fotografia, attrici, montaggio, musica. Il film di Agüero fa sfigurare i colossal hollywoodiani, che senza CGI non avrebbero nulla da raccontare. Impossibile non rabbrividire al canto delle ragazze che, intonando un’antica filastrocca per bambini, le danno un nuovo senso, la trasformano in una cantilena malvagia. O almeno così viene percepita dagli Inquisitori che cercano conferme ad una (falsa) verità che loro stessi hanno stabilito, accecati da un’ignoranza criminale.
Se c’è un diavolo, ci dice “Il Sabba”, è nello stereotipo, nei dogmi intoccabili, nell’occhio ipocrita che vede il male anche dove non c’è, perché quel male legittima la propria superiorità.
Per Rostegui e la sua cricca le cinque ragazze sono da condannare perché sono libere: libere di amare, di uscire di notte, di sedersi a gambe aperte, se vogliono. Ma le ragazze non ci stanno. Lottano, strepitano, diventano megere per finta ma lo sono per davvero perché sovvertono le regole patriarcali, le bruciano con il loro furore giovanile.
È questo il cuore caldo del film, il suo potentissimo messaggio che travalica i secoli fino ad arrivare ai giorni nostri. “Gli uomini temono le donne che non li temono.” La caccia alle streghe non è ancora finita. Accade ogni volta in cui si giustifica uno stupro parlando di minigonne. Accade ogni volta in cui giudichiamo la scelta di una donna come se fosse nel nostro diritto farlo.
Il film non giudica né fa di tutta l’erba un fascio. Ci lascia con una domanda, però. Che uomini siamo, noi? Quelli che accendono roghi o quelli che tornano dal mare?
Il mio nuvo(lo)to

Visto e condivido la tua analisi ☺️
"Mi piace"Piace a 1 persona
Davvero una bella sorpresa 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona